GECO FOR SCHOOL

Le GECO-interviste: intervista a Elena Joli, fisica teorica, docente, science editor per la rivista Sapere

Oggi intervistiamo Elena Joli, fisica teorica, docente, science editor per la rivista Sapere.

 

La prima domanda forse è quella che si sente fare spesso e ci serve per rompere il ghiaccio -materia che peraltro la tocca da vicino-ma…c’è qualcosa che Elena Joli non sa fare?

A dire il vero è una domanda che non mi ha mai fatto nessuno! Diciamo che vorrei migliorare la mia abilità in cucina e mi piacerebbe moltissimo imparare a ballare il tango…

 

Sei una fisica teorica specializzata nei buchi neri, cosa ti ha attratto di questi corpi celesti?

Da bambina, mio padre, appassionato di astronomia, mi raccontava bellissime storie sull'origine dell'universo, sul nostro Sistema solare, sui pianeti, le comete, la velocità della luce. Ho tanti ricordi di momenti conviviali, a tavola, dopo cena, in cui mi proponeva enigmi logici e matematici in forma di gioco e indovinello. Così è stata nutrita la mia curiosità e nello stesso tempo ho acquisito familiarità con i numeri, con le stelle e con concetti strani come l'infinito e oggetti paradossali come i buchi neri, che il fisico americano John Wheeler nel 1968 definì «oggetti la cui forza di gravità è talmente intensa che nulla può sfuggire, nemmeno la luce». 
Credo che la mia scelta, da grande, di intraprendere studi scientifici e iscrivermi a fisica all'università sia nata allora, con l’obiettivo di dedicarmi alla fisica teorica e studiare questi affascinanti e misteriosi corpi invisibili

 

Ecologia e spazio che cos’hanno in comune?

Quando ho presentato la mia candidatura per partecipare alla missione Homeward Bound in Antartide, ho pensato che dopo tanti anni dedicati a studiare questi distanti ed elusivi oggetti celesti, i buchi neri, era tempo per me di tornare, per così dire, sulla Terra. Studiando i buchi neri, ho imparato che nell’Universo, più guardiamo lontano, più andiamo indietro nel tempo. Mi ha emozionato rendermi conto che qui, sulla Terra, per andare indietro nel tempo, dobbiamo scavare in profondità, come si fa nei carotaggi di ghiaccio, strato dopo strato.

 

Nel 2018 sei partita per l’Antartide con il progetto australiano Homeward Bound? Ce ne potresti parlare?

Ho visitato la Penisola Antartica alla fine dell’estate australe, nei mesi di febbraio e marzo del 2018. Il progetto Homeward Bound (in italiano, "verso casa"), è un’iniziativa australiana pionieristica e innovatrice che vuole promuovere il ruolo delle donne e la loro visibilità e leadership nel mondo tecnico-scientifico per avere un impatto positivo sulle politiche ambientali nella lotta al cambiamento climatico.  
Per questa spedizione è stato selezionato un equipaggio di 77 donne con formazione scientifica, provenienti da 21 paesi di tutto il mondo, con l’obiettivo di creare una comunità globale, collaborativa e inclusiva di donne che si occupano, a vario  titolo, di scienza, per partecipare più attivamente all’orientamento delle politiche ambientali, in merito a temi scientificamente e socialmente rilevanti come i cambiamenti climatici, il riscaldamento globale, l’inquinamento dei mari e l'erosione della biodiversità. 
In questa ottica, l’Antartide è icona di un ambiente selvaggio, incantevole e unico che ha catturato l'immaginazione di tante generazioni. Lo studio dell'Antartide e dell'Oceano Antartico e il loro ruolo nel sistema climatico del pianeta forniscono dunque informazioni fondamentali sui cambiamenti su scala globale e sull'influenza delle attività umane sull’ambiente. Tutti abbiamo negli occhi le immagini dei ghiacciai antartici che crollano in mare: sono il simbolo della velocità con cui sta cambiando il nostro pianeta. Ma l’Antartide è anche un territorio di speranza, poiché non ci sono inni, bandiere, sovrani, frontiere, guerre, retto da un modello di consenso e cooperazione internazionale che merita di essere esportato.

 

Cosa rischiano i ghiacciai se non si prendono seri provvedimenti ambientali?


Se è vero che il 98% della Terra è interessata dal cambiamento climatico (l’ultimo report del Berkeley Earth afferma che il 2022 è stato il quinto anno più caldo sulla terra dal 1850), esistono punti caldi (hot spot), regioni che si stanno riscaldando più rapidamente di altre. Fra queste, oltre all’Artico e al Mar Mediterraneo, troviamo anche le montagne, veri e propri sensori del clima, sentinelle della febbre del nostro pianeta. I ghiacciai montani sono per così dire fra le prime vittime dei cambiamenti climatici. Infatti, la luce solare rimbalza riflessa da neve e ghiaccio, ma se la coltre dei ghiacci si riduce, il suolo assorbe una maggiore quantità di luce solare e ogni volta che un ciclo si compie, l’effetto si somma e amplifica la portata globale del fenomeno. Ecco perché le montagne si sono riscaldate di più. Per esempio, negli ultimi anni assistiamo a rituali laici inediti: nel settembre 2019 è stato celebrato il funerale della Marmolada, che si dice abbia superato il tipping point cioè il punto di non ritorno, oltre il quale un cambiamento non può essere invertito di rotta, anche se impiegherà centinaia di anni a compiersi del tutto.

 

La comunicazione e la formazione sono importanti per far sì che la sostenibilità diventi materia di tutti, tu sei anche docente di fisica e science editor per la rivista Sapere, ci potresti parlare di come ti sei iniziata ad interessare alla comunicazione della scienza?


Dopo la laurea, sono andata a Parigi per proseguire gli studi scientifici dottorali all'École Normale Supérieure. A Parigi mi sono aperta a un ambiente internazionale e ho iniziato a interessarmi alla comunicazione scientifica. Tornata in Italia, ho frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla SISSA di Trieste, dove ho avuto l’opportunità di condividere idee e progetti con scienziati e filosofi all'intersezione tra fisica, filosofia e comunicazione. Da quel momento in poi, ho iniziato a collaborare con case editrici e riviste scientifiche come editor scientifico e a occuparmi di didattica e divulgazione scientifica. Mi è sempre piaciuto raccontare come vedono il mondo gli scienziati, far circolare le idee, far partecipare studenti e pubblico alle mie esperienze di studio e ricerca. Al mio ritorno dall’Antartide, ho raccontato la mia esperienza professionale, scientifica e umana in un mio libro recentemente pubblicato “Antartide, come cambia il clima” pubblicato dalle Edizioni Dedalo.

 

Su GECO For School parliamo dei green jobs, i lavori legati alla sostenibilità, la tua passione ti ha portata ad avere un lavoro sicuramente vicino alla sfera dei green jobs, che suggerimenti puoi dare a qualcuno/a che si vuole affacciare al mondo della scienza in una dimensione “green”?


Oggi le scienze del clima, i laboratori di meteorologia dinamica, gli studi di fisica dell’atmosfera e di sistemi complessi sono settori in grande sviluppo. Il mio consiglio è quello di farsi una solida base scientifica: la spedizione in Antartide mi ha insegnato, fra le altre cose, che per affrontare le sfide che l’emergenza climatica ci pone occorre più che mai l’attività congiunta di scienziati provenienti da diverse formazioni, ci vogliono fisici, chimici, biologi, ingegneri ambientali ecc.

 

Un’ultima domanda ma non per importanza! Che libri, film, podcast suggeriresti ai tuoi studenti per iniziare ad appassionarsi al mondo della scienza e della sostenibilità?


Ho trovato ben fatto e accattivante il podcast Bello Mondo (come recita il titolo, un podcast sfacciatamente dalla parte del pianeta) scritto e condotto da Elisa Palazzi amica e collega climatologa di Torino e da Federico Taddia, giornalista e conduttore. Fra i libri, ne cito solo un paio che ho trovato per ragioni diverse estremamente utili, “Il tempo e l’acqua” dell’islandese Andri Magnason, narratore e attivista ambientale che descrive il pianeta con rigore scientifico e grande forza poetica e “La fisica del cambiamento climatico”, dove l’autore Lawrence Krauss, fisico teorico, cerca di fare chiarezza sui fondamenti delle scienze del clima, con dati rigorosi, grafici eloquenti e una prosa estremamente limpida, per sgombrare il campo dalle speculazioni e mettere in evidenza i rischi che corriamo se non ci rendiamo conto che il momento di agire è adesso.

Scritto il 06-03-2023

RIMANI AGGIORNATO SU TUTTE LE NOVITÀ DELLA PROSSIMA EDIZIONE DI GECO FOR SCHOOL